domenica 14 aprile 2013

Madre Serafina

Il 28 agosto 1876, i coniugi Evangelista Formai e Angela Scaletti, che abitavano a Casciana Petrosa (borgo del comune di Casola Lunigiana, in provincia di Massa Carrara), accolsero la nascita della loro figlia primogenita. Pochi giorni dopo, il 3 settembre, la portarono alla chiesa parrocchiale, dove venne battezzata coi nomi di Clorinda Letizia. La piccola imparò dalla madre una sincera devozione alla Vergine Maria e un’attenzione spiccata verso chiunque si trovasse nel bisogno.
Col tempo, divenne una figura di riferimento per le altre bambine, a cui insegnava il catechismo per coadiuvare l’anziano parroco del paese. Il sacerdote le affidò un altro compito importante: custodire la lampada che ardeva vicino al Tabernacolo. Grazie a quella consegna, Letizia aveva la possibilità di sostare frequentemente accanto al luogo dove Gesù è presente nel Santissimo Sacramento; durante i suoi silenziosi dialoghi con Lui, maturò il desiderio di entrare in qualche Istituto religioso.
La madre non era contraria, tanto che, in punto di morte, raccomandò al marito di non ostacolare la sua vocazione, ma lui era del parere opposto. Letizia, allora, si aprì alle sue tre sorelle, le quali riferirono al padre: la sua commozione indicò che aveva cambiato idea.
Restava quindi da decidere il luogo dove avrebbe consacrato la sua vita. Nella primavera del 1895, il parroco colse l’occasione dell’arrivo a Casciana, per amministrare la Cresima, di monsignor Alfonso Mistrangelo, Vescovo di Pontremoli e religioso dei Padri Scolopi; gli presentò Letizia e gli raccontò quanto bene svolgeva in paese. La ragazza venne quindi consigliata di entrare fra le Suore Calasanziane di Firenze, fondate nel 1889 da madre Celestina Donati (Beata dal 2008): partì all’alba del 13 ottobre dello stesso anno.
Durante i due anni di probandato, Letizia venne incaricata della cucina, ma appena aveva un momento libero andava presso il Tabernacolo, esattamente come faceva da piccola. Il 30 novembre 1897 compì la vestizione religiosa ed assunse un nuovo nome: suor Serafina di San Giovanni Evangelista. In noviziato, ebbe il compito di infermiera, che non le consentiva di partecipare alle istruzioni insieme alle altre giovani suore; anche quando poteva, non veniva chiamata dalla Maestra delle novizie, certa, dal canto suo, che il Signore la formasse direttamente, parlandole al cuore.
Il 18 ottobre 1899, suor Serafina professò solennemente i consigli evangelici e, poco dopo, venne nominata vice-maestra delle novizie e delle postulanti. Al passaggio verso il nuovo secolo, la ventiquattrenne suora si sentiva interpellata, come tanti altri suoi contemporanei, a fare qualcosa per gli uomini che l’avrebbero vissuto. Nel 1903, si offrì volontariamente come “muro di riparo” (sono parole sue) per ricevere i colpi che i peccatori avrebbero inferto al Cuore di Gesù.
L’attività intensa la fece ammalare, ma, inviata in una casa dell’Istituto sita in una località marittima, non rimase inerte: si rese amata da tutti, al punto che non poté lasciare quella città fino alla morte del sacerdote che, per il bene della sua gente, l’aveva voluta trattenere. Nel 1910, tornata in Casa Madre a Firenze, passò a diventare Maestra di noviziato e, allo stesso tempo, insegnava alle bambine che frequentavano le elementari come allieve interne.
La preoccupazione per gli i contemporanei era continua, in particolare per i sacerdoti che aderivano alle teorie del modernismo. Fu per loro che, il 17 marzo 1914, compì una rinnovata offerta della propria persona e della propria volontà. Con quel medesimo spirito accolse le piccole e grandi prove che il Signore le mandava: incomprensioni con la Superiora generale, malanni di varia natura e, nel 1916, la morte di suo padre.
Venne costretta a subire un delicato intervento chirurgico, senza il quale avrebbe avuto poche speranze di vita. Anche durante la convalescenza, però, non fu trattata bene: le venne perfino impedito di riprendere l’insegnamento. Scoraggiata, si affidò una volta di più alla Madonna: «Una mamma ha sempre pietà della sua figliola, che si trova sotto la sferza del castigo, anche il più giusto», lasciò scritto. Pian piano si riprendeva: nel dicembre 1920, fu inviata in un sanatorio situato accanto al santuario della Madonna di Montenero, ma non le fu ancora concesso di tornare a scuola. La Madre Generale, infine, pensò fosse meglio per lei tornare a casa sua.
Nel maggio 1921, suor Serafina rimise piede a Casciana, dove fu ospitata da una sorella. Lo scenario attorno a lei era cambiato: non erano pochi coloro che, dopo la fine della prima guerra mondiale, erano diventati comunisti. La suora aveva un’arma decisiva per riconquistarli: con il consenso del parroco, andava di casa in casa a questuare per la costruzione di un monumento al Sacro Cuore; inoltre, fondò un Circolo Cattolico sempre dedicato al Cuore di Gesù e preparò tutti alla Comunione generale. Il 10 luglio, la statua venne benedetta e i parrocchiani si riaccostarono all’Eucaristia dopo lungo tempo. Mentre operava così, si rese conto che tanti altri paesi, non solo il suo, erano in condizioni analoghe. Una voce interiore le parlò chiaramente: «Questo devi fare, questo io voglio da te».
Ammalatasi di nuovo, fu rimandata a casa, stavolta in abito secolare. Riprese la sua missione, anzi, la estese, invitata dai parroci dei paesi vicini. Tre anni dopo, nel 1925, fu riammessa fra le Calasanziane, ma non si sentiva in pace. Durante un altro soggiorno in paese, scrisse una lettera a madre Donati, ma la risposta si faceva attendere: allora iniziò una novena alla Madonna del Buon Consiglio (la devozione verso la quale era propagata nella regione dai Padri Agostiniani) e allo Spirito Santo, promettendo di dedicare ad essi la nascente Congregazione se la lettera fosse arrivata entro i nove giorni di preghiera. Il 25 aprile 1929, il confessore le diede una busta bruciacchiata, scampata all’incendio dell’ufficio postale: conteneva l’assenso della Madre, che, in caso di fallimento, le avrebbe concesso di rientrare. Quell’insperata grazia, ottenuta proprio alla vigilia della Madonna del Buon Consiglio, cancellò ogni timore: da allora suor Serafina considerò la Vergine come Patrona e Fondatrice della nascente Congregazione.
Il 20 settembre 1931, invitata dal parroco di Soliera Apuana (Massa Carrara), aprì un asilo parrocchiale; meno di un mese dopo, arrivò la prima postulante. Con una lettera datata 
4 ottobre 1932, monsignor Giovanni Sismondo, Vescovo di Pontremoli, accordò il permesso ufficiale per l’istituzione di “una famiglia religiosa di giovani desiderose di tendere alla perfezione cristiana e all' educazione dei fanciulli/e”. La piccola comunità dovette però trasferirsi l’8 maggio 1933, dapprima a Filattiera, poi a Pontremoli, tutt’oggi sede della Casa Generalizia.
Pur negli anni della seconda guerra mondiale, l’opera si espanse con nuove case e nuove vocazioni. Il 3 marzo 1947, la suora inviò alla Congregazione per i Religiosi in Vaticano la domanda per il riconoscimento della sua Famiglia, le Suore Missionarie Rurali. Dopo un lavoro durato tutta l’estate, il 25 novembre spedì le Costituzioni e i documenti necessari. Il riconoscimento delle Missionarie come Congregazione di Diritto Diocesano avvenne il 2 febbraio 1949, mentre il 26 aprile madre Serafina, riconosciuta Fondatrice e Superiora generale, rinnovò i voti. Pellegrina a Roma per l’Anno Santo 1950, ottenne dal Venerabile papa Pio XII di aprire una casa nelle borgate romane.
La sua salute, però, continuava a peggiorare. Il 1 giugno 1954, dopo essere stata ricoverata in ospedale per alcuni giorni, si spense nella Casa di Pontremoli, attorniata dalle sue “ninine” (così, come usavano le mamme e le nonne lunigianesi con le bambine di casa, chiamava le giovani suore).
L’approvazione pontificia delle Missionarie Rurali, con il nome di “Suore Missionarie del Lieto Messaggio”, adottato nel 1972, avvenne il 16 luglio 1974, mentre l’8 settembre 1986 vennero approvate le nuove Costituzioni. Presenti a tutt’oggi in Toscana e in Veneto, le suore hanno aperto nel 1997 una missione a Wantiguera, nella Repubblica Centroafricana. Frutto di questa missione è la vocazione di una giovane, Sylva, che ha professato i voti perpetui il 15 luglio 2012, proprio fra le Missionarie.
La fama di santità diffusa in tutta la Lunigiana e altrove ha condotto, dopo aver ottenuto il nulla osta dalla Santa Sede, all’apertura del processo canonico per il riconoscimento delle virtù eroiche di madre Serafina. L’inchiesta diocesana, durata dal 4 settembre 2005 al 1 giugno 2008, è stata convalidata il 29 maggio 2009. I suoi resti mortali, riesumati dal cimitero di Pontremoli il 24 ottobre 2006, sono stati traslati alla Cappella della Casa Generalizia due giorni dopo.

Autore: Emilia Flocchini

Fonte: www.santiebeati.it



Preghiera per la betificazione di Madre Serafina
                         e per ottenere grazie

Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo,
Ti adoro e Ti ringrazio per i grandi favori celesti di cui hai arricchito 
la Serva di Dio Madre Serafina Formai.
In vista dei suoi meriti specialmente del grande
amore a Te, della fede nella SS. Eucarestia e del suo
immenso desiderio di lavorare e patire per la salvezza
delle anime, Ti prego di volerla glorificare e di concedermi
la grazia che tanto desidero…
                                                           (Tre gloria al Padre).
                                Imprimatur.+ Eugenio Binini Vescovo

                                           Suore Missionarie del Lieto Messaggio
                                           Via Madonna del Buon Consiglio, 1
                                           54027 Pontremoli   (MS)


sabato 13 aprile 2013

Per informazioni:

Suore Missionarie del Lieto Messaggio – Casa Generalizia
Via Madonna del Buon Consiglio, 1
54027 Pontremoli (MS)
Tel. 0187.830027


Vicepostulatrice: Suor Graziana Elia
Casa Mater Christi – Missionarie del Lieto Messaggio
Via San Rocco, 12 – Terrarossa
54016 Licciana Nardi (MS)
suore.m.lietomessaggio@virgilio.it

madreserafinaformai@gmail.com