Col tempo, divenne una figura di riferimento per le altre bambine, a cui
insegnava il catechismo per coadiuvare l’anziano parroco del paese. Il
sacerdote le affidò un altro compito importante: custodire la lampada
che ardeva vicino al Tabernacolo. Grazie a quella consegna, Letizia
aveva la possibilità di sostare frequentemente accanto al luogo dove
Gesù è presente nel Santissimo Sacramento; durante i suoi silenziosi
dialoghi con Lui, maturò il desiderio di entrare in qualche Istituto
religioso.
La madre non era contraria, tanto che, in punto di morte, raccomandò al
marito di non ostacolare la sua vocazione, ma lui era del parere
opposto. Letizia, allora, si aprì alle sue tre sorelle, le quali
riferirono al padre: la sua commozione indicò che aveva cambiato idea.
Restava quindi da decidere il luogo dove avrebbe consacrato la sua vita.
Nella primavera del 1895, il parroco colse l’occasione dell’arrivo a
Casciana, per amministrare la Cresima, di monsignor Alfonso Mistrangelo,
Vescovo di Pontremoli e religioso dei Padri Scolopi; gli presentò
Letizia e gli raccontò quanto bene svolgeva in paese. La ragazza venne
quindi consigliata di entrare fra le Suore Calasanziane di Firenze,
fondate nel 1889 da madre Celestina Donati (Beata dal 2008): partì
all’alba del 13 ottobre dello stesso anno.
Durante i due anni di probandato, Letizia venne incaricata della cucina,
ma appena aveva un momento libero andava presso il Tabernacolo,
esattamente come faceva da piccola. Il 30 novembre 1897 compì la
vestizione religiosa ed assunse un nuovo nome: suor Serafina di San
Giovanni Evangelista. In noviziato, ebbe il compito di infermiera, che
non le consentiva di partecipare alle istruzioni insieme alle altre
giovani suore; anche quando poteva, non veniva chiamata dalla Maestra
delle novizie, certa, dal canto suo, che il Signore la formasse
direttamente, parlandole al cuore.
Il 18 ottobre 1899, suor Serafina professò solennemente i consigli
evangelici e, poco dopo, venne nominata vice-maestra delle novizie e
delle postulanti. Al passaggio verso il nuovo secolo, la ventiquattrenne
suora si sentiva interpellata, come tanti altri suoi contemporanei, a
fare qualcosa per gli uomini che l’avrebbero vissuto. Nel 1903, si offrì
volontariamente come “muro di riparo” (sono parole sue) per ricevere i
colpi che i peccatori avrebbero inferto al Cuore di Gesù.
L’attività intensa la fece ammalare, ma, inviata in una casa
dell’Istituto sita in una località marittima, non rimase inerte: si rese
amata da tutti, al punto che non poté lasciare quella città fino alla
morte del sacerdote che, per il bene della sua gente, l’aveva voluta
trattenere. Nel 1910, tornata in Casa Madre a Firenze, passò a diventare
Maestra di noviziato e, allo stesso tempo, insegnava alle bambine che
frequentavano le elementari come allieve interne.
La preoccupazione per gli i contemporanei era continua, in particolare
per i sacerdoti che aderivano alle teorie del modernismo. Fu per loro
che, il 17 marzo 1914, compì una rinnovata offerta della propria persona
e della propria volontà. Con quel medesimo spirito accolse le piccole e
grandi prove che il Signore le mandava: incomprensioni con la Superiora
generale, malanni di varia natura e, nel 1916, la morte di suo padre.
Venne costretta a subire un delicato intervento chirurgico, senza il
quale avrebbe avuto poche speranze di vita. Anche durante la
convalescenza, però, non fu trattata bene: le venne perfino impedito di
riprendere l’insegnamento. Scoraggiata, si affidò una volta di più alla
Madonna: «Una mamma ha sempre pietà della sua figliola, che si trova
sotto la sferza del castigo, anche il più giusto», lasciò scritto. Pian
piano si riprendeva: nel dicembre 1920, fu inviata in un sanatorio
situato accanto al santuario della Madonna di Montenero, ma non le fu
ancora concesso di tornare a scuola. La Madre Generale, infine, pensò
fosse meglio per lei tornare a casa sua.
Nel maggio 1921, suor Serafina rimise piede a Casciana, dove fu ospitata
da una sorella. Lo scenario attorno a lei era cambiato: non erano pochi
coloro che, dopo la fine della prima guerra mondiale, erano diventati
comunisti. La suora aveva un’arma decisiva per riconquistarli: con il
consenso del parroco, andava di casa in casa a questuare per la
costruzione di un monumento al Sacro Cuore; inoltre, fondò un Circolo
Cattolico sempre dedicato al Cuore di Gesù e preparò tutti alla
Comunione generale. Il 10 luglio, la statua venne benedetta e i
parrocchiani si riaccostarono all’Eucaristia dopo lungo tempo. Mentre
operava così, si rese conto che tanti altri paesi, non solo il suo,
erano in condizioni analoghe. Una voce interiore le parlò chiaramente:
«Questo devi fare, questo io voglio da te».
Ammalatasi di nuovo, fu rimandata a casa, stavolta in abito secolare.
Riprese la sua missione, anzi, la estese, invitata dai parroci dei paesi
vicini. Tre anni dopo, nel 1925, fu riammessa fra le Calasanziane, ma
non si sentiva in pace. Durante un altro soggiorno in paese, scrisse una
lettera a madre Donati, ma la risposta si faceva attendere: allora
iniziò una novena alla Madonna del Buon Consiglio (la devozione verso la
quale era propagata nella regione dai Padri Agostiniani) e allo Spirito
Santo, promettendo di dedicare ad essi la nascente Congregazione se la
lettera fosse arrivata entro i nove giorni di preghiera. Il 25 aprile
1929, il confessore le diede una busta bruciacchiata, scampata
all’incendio dell’ufficio postale: conteneva l’assenso della Madre, che,
in caso di fallimento, le avrebbe concesso di rientrare.
Quell’insperata grazia, ottenuta proprio alla vigilia della Madonna del
Buon Consiglio, cancellò ogni timore: da allora suor Serafina considerò
la Vergine come Patrona e Fondatrice della nascente Congregazione.
Il 20 settembre 1931, invitata dal parroco di Soliera Apuana (Massa
Carrara), aprì un asilo parrocchiale; meno di un mese dopo, arrivò la
prima postulante. Con una lettera datata
4 ottobre 1932, monsignor Giovanni Sismondo, Vescovo di Pontremoli,
accordò il permesso ufficiale per l’istituzione di “una famiglia
religiosa di giovani desiderose di tendere alla perfezione cristiana e
all' educazione dei fanciulli/e”. La piccola comunità dovette però
trasferirsi l’8 maggio 1933, dapprima a Filattiera, poi a Pontremoli,
tutt’oggi sede della Casa Generalizia.
Pur negli anni della seconda guerra mondiale, l’opera si espanse con
nuove case e nuove vocazioni. Il 3 marzo 1947, la suora inviò alla
Congregazione per i Religiosi in Vaticano la domanda per il
riconoscimento della sua Famiglia, le Suore Missionarie Rurali. Dopo un
lavoro durato tutta l’estate, il 25 novembre spedì le Costituzioni e i
documenti necessari. Il riconoscimento delle Missionarie come
Congregazione di Diritto Diocesano avvenne il 2 febbraio 1949, mentre il
26 aprile madre Serafina, riconosciuta Fondatrice e Superiora generale,
rinnovò i voti. Pellegrina a Roma per l’Anno Santo 1950, ottenne dal
Venerabile papa Pio XII di aprire una casa nelle borgate romane.
La sua salute, però, continuava a peggiorare. Il 1 giugno 1954, dopo
essere stata ricoverata in ospedale per alcuni giorni, si spense nella
Casa di Pontremoli, attorniata dalle sue “ninine” (così, come usavano le
mamme e le nonne lunigianesi con le bambine di casa, chiamava le
giovani suore).
L’approvazione pontificia delle Missionarie Rurali, con il nome di
“Suore Missionarie del Lieto Messaggio”, adottato nel 1972, avvenne il
16 luglio 1974, mentre l’8 settembre 1986 vennero approvate le nuove
Costituzioni. Presenti a tutt’oggi in Toscana e in Veneto, le suore
hanno aperto nel 1997 una missione a Wantiguera, nella Repubblica
Centroafricana. Frutto di questa missione è la vocazione di una giovane,
Sylva, che ha professato i voti perpetui il 15 luglio 2012, proprio fra
le Missionarie.
La fama di santità diffusa in tutta la Lunigiana e altrove ha condotto,
dopo aver ottenuto il nulla osta dalla Santa Sede, all’apertura del
processo canonico per il riconoscimento delle virtù eroiche di madre
Serafina. L’inchiesta diocesana, durata dal 4 settembre 2005 al 1 giugno
2008, è stata convalidata il 29 maggio 2009. I suoi resti mortali,
riesumati dal cimitero di Pontremoli il 24 ottobre 2006, sono stati
traslati alla Cappella della Casa Generalizia due giorni dopo.
Autore: Emilia Flocchini
Fonte: www.santiebeati.it
Preghiera per la
betificazione di Madre Serafina
e per ottenere grazie
Santissima
Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo,
Ti adoro e Ti
ringrazio per i grandi favori celesti di cui hai
arricchito
In vista dei
suoi meriti specialmente del grande
amore a Te,
della fede nella SS. Eucarestia e del suo
immenso
desiderio di lavorare e patire per la salvezza
delle anime, Ti
prego di volerla glorificare e di concedermi
la grazia che
tanto desidero…
(Tre gloria al Padre).
Imprimatur.+
Eugenio Binini Vescovo
Suore Missionarie del Lieto Messaggio
Via
Madonna del Buon Consiglio, 1
54027 Pontremoli (MS)